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Diciotto racconti (più uno...) travestiti da apologhi, nutriti di un certo umor nero: così si presenta ai lettori "Volevo scrivere un'altra cosa". Già dal titolo vediamo qualcosa di inatteso: ciascuno dei racconti si chiude, infatti, con una nota finale che contrasta con quanto fino a quel punto raccontato. La storia che l'autore ha scritto non è, insomma, quella che avrebbe voluto raccontare. Ce ne era infatti un'altra, che per qualche ragione non ha potuto venire alla luce. Così, mentre il libro si sviluppa attraverso le differenti tappe dei vari racconti - da "Il subappalto delle vacanze" a "La metà fascista del cuore", da "Il portiere e la morte" a "Il furto impossibile", da P"er qualche capello in meno" a "L'istituzione della bella copia", ciascuno dedicato a un grande scrittore amato al punto da desiderare quasi di parodiarlo - le storie si contraddicono e insieme si completano, in un intreccio che è la vera ossatura della raccolta. Un destino narrativo che non risparmia neppure la postfazione di tale Ciapo Populin, «critico del Gazzettone».